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Rito e magia, 1975
acrilico su tela, cm 100x70

| Emanuele Pandolfini
| Nato nel 1929 a Palermo,
| vive e lavora a Roma


Per Pandolfini l'immagine è soprattutto alterazione o deformazione di un'entità che si dilata o si trasfigura, in nome di un disordine ciclico, che porta l'autore a giocare tra ilarità e seriosità in un'altalena di rocambolesca e perenne avventura umana. Le sue immagini non sono sempre deformi o alterate. A volte esprimono sensualità o candore. Per Pandolfini nulla è immutabile o attuato; perciò si preoccupa di cogliere i lati sfuggenti che sono simbolo di movimento disordinato e quindi decomposto. Nulla - sembra dirci l'autore - è armonico, ma tutto è regolato da un caos di inafferrabilità, sinonimo di attuazione di un male generale che coinvolge ogni cosa. Si potrebbe definire felliniano il suo mondo che si muove verso un'assurdità vitale che tutto scuote e sposta.

Nell'opera "Rito e magia" una atmosfera chagalliana ferma il tempo nel suono di un violino: una sorta di rito, come una danza sacrificale, si svolge in un clima surreale, in cui il paesaggio marino è solo finzione, teatro dell'assurdo.
























































 
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